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Pyramid Valley prima azienda vitivinicola a lanciare in etichetta l’impronta digitale del terroir

03.11.2022

L’azienda vitivinicola neozelandese Pyramid Valley grazie alla collaborazione con la società scientifica Oritain, ha realizzato il primo progetto che identifica con una “impronta digitale” l’origine del vino, a partire dal vigneto da cui provengono le uve, passando poi per tutte le altre fasi, dalla produzione, alla catena di approvvigionamento, alla conservazione.
 


Da diversi anni Università, Istituti scientifici e aziende vitivinicole sono impegnati in attività di ricerca per soddisfare un bisogno emergente del mondo del vino: la definizione dell’identità e provenienza del prodotto e la garanzia della sua autenticità.

Un’esigenza molto sentita soprattutto nel segmento dei vini di pregio, mercato florido e decisamente in crescita ma preso di mira e vessato da falsari che non si tirano indietro nemmeno di fronte ad operazioni significative. Un esempio per tutti la vendita record da 400mila dollari di una 6 litri di Domaine de la Romanée-Conti 2002, collocata in un’asta ad Hong Kong e successivamente annullata per contraffazione.

Una piaga, quella dei falsi, che colpisce ormai quasi 1 bottiglia di pregio su 5, per un giro d’affari di 15 miliardi di dollari. Sembra però che per i truffatori le cose stiano per mettersi male.

A dare una svolta alle ricerche l’azienda neozelandese Pyramid Valley con il primo progetto realizzato al mondo che identifica con una “impronta digitale” l’origine del vino, a partire dal vigneto da cui provengono le uve, passando poi per tutte le altre fasi, dalla produzione, alla catena di approvvigionamento, alla conservazione.

Questo grande passo in avanti è stato reso possibile grazie alla collaborazione, iniziata sei anni fa, con Oritain, un’azienda che applica la scienza forense per risolvere i problemi relativi alla definizione dell’origine e dell’autenticità di un prodotto.

Il progetto ha portato a verificare una intera collezione di vini, la Botanicals Collection 2020, composta da due Pinot Noir e due Chardonnay, che riportano sulla retroetichetta un QR Code per fornire ai consumatori un collegamento digitale alla garanzia, insieme ad ulteriori dettagli sul vino.

Il modello applicato parte dal presupposto che in ogni parte del mondo la geochimica del terreno è diversa, anche per appezzamenti di terreno distanti pochi metri l’uno dall’altro. Durante la crescita ogni vite si sviluppa assorbendo una combinazione specifica di elementi della tavola periodica, combinazione che è determinata da clima, altitudine, precipitazioni, composizione del terreno e tecniche di coltivazione.

Oritain attraverso marcatori chimici traccia l’evoluzione di queste componenti, prelevando alcuni campioni dal terreno, dall’uva e dal vino prima dell’imbottigliamento. L’impronta digitale che ne risulta, mix unico e non ripetibile di tutti gli elementi, resta impressa nelle uve e resta viva nel vino finito, consentendo di distinguerne le variazioni a diversi livelli, inclusa la regione, il vigneto, e l’appezzamento specifico di vigneto, una condizione questa che il mondo dei fine wines attendeva da tempo.

La tecnologia che collega il vino al suo terroir è sicuramente costosa, la qual cosa lascia intendere che almeno in una prima fase sarà appannaggio delle aziende che producono vini di fascia medio alta, ma non è detto che in un futuro prossimo possa rendersi accessibile ad una platea più ampia di produttori.

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