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Diminuiscono i prezzi delle materie prime, ma continuano le difficoltà

06.12.2022

Secondo le analisi dell’osservatorio Anima, coordinate dal prof. Achille Fornasini, se la spirale di incertezza internazionale dovesse peggiorare, potrebbe portare alla recessione economica


Il 2022 che si avvia alla conclusione si è rivelato un anno pieno di complessità e instabilità sul fronte economico e geopolitico, tra problematiche persistenti come la carenza di materiali e microchip, iniziata già nel 2021, il caro energia e la forte inflazione provocati dalla crisi ucraina. Nonostante tutte queste concause negative, negli ultimi mesi si sta assistendo sui mercati internazionali a una diminuzione generale dei prezzi delle materie prime. Un piccolo raggio di luce in un momento di incertezza per il settore manifatturiero e l’intero tessuto industriale del nostro Paese.

Il sesto appuntamento periodico con il Focus Materie Prime a cura di Anima diventa un appuntamento fondamentale per analizzare in maniera dettagliata il contesto economico attuale e le prospettive future del mercato delle commodity.

Secondo il vicepresidente di Anima Confindustria, Pietro Almici “Anche se le quotazioni dei materiali si sono ridimensionate rispetto ai primi mesi dell’anno, il problema principale rimane il forte incremento dell’energia elettrica e del gas, oltre alla penuria di componenti elettronici e semilavorati che continua ad attanagliare il comparto, portando indeterminatezza sui tempi di consegna dei prodotti e sulla firma di nuovi contratti. Assistiamo anche in questi giorni a continui aumenti dei listini a cui vengono applicate addizionali legate alla componente energia.

Come emerso dal sondaggio condotto da Anima e diffuso alle aziende associate a fine settembre, circa la metà delle imprese segnala che i costi di produzione sono aumentati tra il 10% ed il 30% rispetto al 2021; per 2 aziende su 5 gli aumenti superano il 40% con enorme difficoltà a scaricare tali costi sui clienti finali, evidenziando una riduzione della marginalità superiore al 10%.

Ricordiamo che Anima aveva iniziato a monitorare i mercati e a informare le aziende associate tramite il Focus Materie Prime già dall’aprile 2021 (quasi un anno prima dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina), esternando la preoccupazione di un incremento dell’inflazione, oggi al 10%, e di un aumento dei tassi di interesse. Abbiamo portato diverse proposte alle istituzioni – ancora oggi valide – che prevedono nuovi incentivi strutturali a favore delle aziende per calmierare i costi in bolletta, per incrementare gli investimenti al fine di aumentare l’efficientamento dei processi, per sostenere in Europa la produzione di componenti strategici per l’industria, e per tutelare l’export. Proprio dalle esportazioni passa la maggior parte degli introiti della meccanica italiana: è quindi necessario intervenire in maniera ancora più decisa per sostenerlo, promuovendo lo sviluppo di tecnologie avanzate che possano tenere testa ai competitor di tutto il mondo“.

Secondo le analisi di Achille Fornasini, docente all’Università di Brescia e coordinatore dell’osservatorio congiunturale di Anima “I continui lockdown in Cina, la perdurante guerra in Ucraina, la crisi energetica europea e le politiche monetarie restrittive contribuiscono a rallentare l’economia mondiale, preannunciando una stagnazione che, in caso di peggioramento dell’attuale scenario, potrebbe mutarsi in una vera e propria recessione.

In questo quadro occorre dunque monitorare attentamente il mutamento delle dinamiche dei prezzi e dei valori di mercato consolidatisi nel corso di un decennio. A partire dall’incremento esponenziale dei costi energetici, che a sua volta incide sulla crescita dei prezzi alla produzione con la conseguente trasmissione a valle degli aumenti lungo le catene del valore, compromettendo la redditività delle imprese. Come se ciò non bastasse – conclude Fornasini – l’aumento dei tassi d’interesse delle banche centrali rischia non solo di frenare l’attività e gli investimenti delle imprese, ma anche di accelerare il rincaro degli approvvigionamenti di commodity quotate in dollari a causa dell’indebolimento dell’euro“.

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